Dibattiti (Uno sguardo al Futuro)

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Se andiamo a rivedere le analisi fatte sulla situazione italiana nell’ultimo anno da molti commentatori qualificati e anche quelle che abbiamo prodotto noi stessi, risulta evidente come la rapidità e la profondità dell’evoluzione abbia generato un futuro imprevisto; era oggettivamente difficile immaginare le mutazioni e i contorcimenti sia delle forze di governo che di quelle dell’opposizione. C’è da chiedersi quindi quanto sia utile in queste condizioni fare delle previsioni. Dai miei trascorsi aziendali ho imparato quanto comunque lo sia.

Anche se l’esperienza ci insegna che il futuro raramente combacia con le previsioni, traguardare il possibile evolversi degli eventi, soprattutto quelli relativi al breve e medio termine, ci aiuta a far luce non solo sulle opportunità, ma anche e soprattutto sulle derive più pericolose, spingendoci ad attrezzarci per contrastarle nel caso si verifichino realmente. Con questo spirito vi chiedo di seguirmi nell’immaginare il semestre che seguirà le elezioni europee.

Prima di inoltrarci nel futuro, vediamo di sintetizzare la situazione attuale. Noi siamo schierati nel campo di quelli che vogliono difendere i valori politici e sociali dell’illuminismo e che di conseguenza sono per la preminenza della cultura sull’ignoranza. Dall’altra parte della barricata c’è una dirigenza bifronte che, aiutata non poco da una epocale trasformazione dei media, mira al potere assoluto poggiandosi proprio sull’ignoranza di una vasta base dell’elettorato. Loro sono purtroppo molti di più dei nostri. Fuori, per ora, dal terreno di gioco c’è un numerosissimo popolo frastornato e confuso che, per dirla in estrema sintesi, non sa che pesci pigliare.

Lo scenario fino a qualche giorno fa presentava una sinistra in grande difficolta ed una destra “moderata“ occupata a tirare per la giacchetta Salvini, un tribuno assai efficace nel suo ruolo di difensore della sicurezza di un popolo che provvedeva con l’altra mano a spaventare, e i cinque stelle impantanati in una comunicazione confusa, spesso contraddittoria e talvolta ridicola.

La svolta c’è stata con la presentazione di Lino Banfi come ciliegina sulla torta di cartone del reddito di cittadinanza. La “cupola”, qualsiasi essa sia, del movimento ha trovato finalmente una comunicazione che può essere efficace quanto quella del competitore leghista: puntare non solo sulla promessa di soluzione dei problemi economici di chi ha di meno, ma anche sull’azzeramento del complesso di inferiorità che l’ignorante ha nei confronti dell’istruito. Gli strateghi hanno giudicato irrilevante, come lo è infatti a cortissimo termine, che la soluzione del problema economico sia affidata ad una sorta di improbabile “sarchiapone” assistenzial /lavorativo e che il messaggio a favore dell’ignoranza sia la peggior bestemmia laica: l’impatto psicologico su una larga fascia di elettorato che sarà a breve chiamato a votare è assicurato.

Vi chiedo scusa di questo preambolo un po’ scontato ma sentivo necessario riordinarmi le idee prima di infilarmi nel futuro.

Allora, siamo a giugno; le elezioni europee si sono celebrate. Mentre in Europa c’è confusione perché non si sa bene chi sta con chi, i due partiti italiani di governo hanno confermato, e probabilmente rafforzato la loro egemonia nel paese. Si è cominciato faticosamente ad erogare il reddito di cittadinanza attraverso il sarchiapone, la cui fragilità viene evidenziata da tanti giornalisti a caccia di scoop. Anche i più trinariciuti e i più ingenui aspiranti futuri percettori si rendono conto, mentre comincia a far caldo, che manca la capacità di far funzionare la macchina e soprattutto che mancano i soldi. Non pensate che si ricorderanno, sguaiatamente, che è stato detto dal governo che 780 euro sono un diritto per tutti?

Che farà la “ cupola” per evitare di essere sommersa dagli sputi e dalle pernacchie del suo popolo? Non credo che abbia altra scelta che far piovere polpette a pioggia, abbandonando ogni tentativo di premiare solo quelli passati al setaccio del diritto. I soldi per farlo, però, non ci sono ne è pensabile trovare ancora qualcuno che ce li presti: resta solo la soluzione di attingere a piene mani nel grosso dindarolo del “risparmio“ degli italiani, e non con una patrimoniale, che è troppo lunga da concepire e soprattutto da far approvare semplicemente prendendoli dai conti bancari.

Sarà al ritorno delle ferie o prima di Natale che si romperà il giocattolo? Non lo so, ma credo proprio che questo sarà il passaggio che farà saltare il banco. Una bella fetta del “risparmio” degli italiani è infatti sul conto in banca di chi in qualche modo fa impresa. Centinaia di migliaia di padroni e padroncini antropologicamente portati a sgomitare per farsi, legittimamente, un gruzzolo. Stanno in gran parte al nord e sono il nerbo dell’elettorato di Salvini al quale si rivolgeranno per essere difesi.

E qui è probabile che assisteremo ad un altro decisivo colpo di teatro. Salvini, che ha messo finora sotto naftalina i suoi piccoli e medi imprenditori, per concentrarsi sulle paure dei meno abbienti che sono a contatto diretto con gli immigrati, raddoppiando così i propri voti, potrebbe mutare totalmente personaggio: profittando del cambio di stagione potrebbe riporre la divisa da gendarme e vestirsi da promotore finanziario, non solo per difendere le “fabbrichette” del nord, ma una ben più ampia fascia di elettori.

Il risparmio che i cinque stelle si sentiranno costretti ad attaccare non è infatti solo quello degli imprenditori del nord, ma di un esercito di commercianti, professionisti, burocrati, dirigenti d’azienda e fancazzisti di varia natura sparsi in tutta Italia. Gran parte di loro fa parte di quella fetta importante di elettorato che all’inizio abbiamo definito come gente che sta in bilico fra i due fronti.

Ad un Salvini, più buonista per non urtare troppo i sentimenti di chi è ancora pervaso di umanità, si aprirà nella sua campagna elettorale di autunno una prateria. Parlerà in difesa del risparmio con i toni che usa il governatore della banca d’italia. E tutti tireranno un sospiro di sollievo.

Fermiamoci qui a riflettere con calma su dove ci ha portato la pericolosa tendenza ad inventare il futuro. Si tratta solo di scenari come quelli che fanno i generali quando poi constatano che sul campo è avvenuto tutto il contrario? Limitiamoci a fare solo due considerazioni.

La prima è che Salvini sa che per essere accettato come l’Erdogan italiano deve cambiar pelle. A noi spetta ricordare sempre che qualsiasi pelle si metta, egli ha le ”doti” necessarie per diventare, a tutti gli effetti, un dittatore: furbizia, mancanza di scrupoli e megalomania in testa. E giova anche ricordare il sanguinoso percorso che fanno tutte le dittature.

La seconda è che, chi lo vuol combattere nel momento decisivo nel quale lui darà la scalata al potere, si troverà probabilmente di fronte non uno spietato disumano persecutore dei diseredati, ma forse un difensore dei risparmi in doppiopetto. Chi prepara le armi per contrastarlo è bene che ne tenga conto.

Peppino Perrotta

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